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EMERGENZA SANITARIA
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SPINO D’ADDA (10 aprile 2020) - Erno Bombelli, storico medico di base del paese, non ne può più. Il suo è un autentico sfogo: «Come categoria siamo carne da macello, non ne faccio una colpa all’Azienda tutela della salute Valpadana, che ci rifornisce come può, ma semmai ai vertici regionali e nazionali della Sanità. Non posso tollerare, ad esempio, che la ragioneria di Stato dica che i dispositivi di protezione, a cominciare dai camici e dalle mascherine Ffp3, ce li dobbiamo procurare da soli. Sono 50 giorni che siamo esposti al rischio contagio, sono 50 giorni che non vedo i miei figli e i miei nipoti per paura di essere positivo al Covid-19 e di metterli in pericolo. Il tampone? L’ho chiesto centinaia di volte, ma non me lo fanno. La frase è sempre quella: lei è asintomatico, dunque niente controllo». A fine febbraio, nei giorni in cui il Covid 19 si era appena manifestato nel Lodigiano e non aveva ancora colpito il Cremasco, Bombelli aveva affisso un cartello alla porta di ingresso del suo studio di via Quaini. «Per colpa del fottuto Coronavirus da oggi in sala d’attesa non devono esserci più di tre persone, aspettare fuori». Questo il testo scritto a pennarello su un foglio formato A4. Era rimasto in bella vista per un paio di giorni. Il contenuto non certo ortodosso aveva sollevato un mezzo vespaio. Tramite e-mail, inviata dai dirigenti dell’Ats Val Padana, era stato chiesto a Bombelli di rimuoverlo, sostituendolo con un avviso più consono, ovviamente senza epiteti. Il medico spinese, ormai prossimo alla pensione, in questi drammatici 50 giorni non ha mai abbandonato la lotta al Coronavirus, garantendo ai pazienti anche l’assistenza domiciliare.
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10 Aprile 2020
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