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LA SANITA' DEL TERRITORIO

La grande fuga dei medici: «Il pubblico non attrae più»

A Cremona mancano 73 dottori di base. Turni pesanti e niente straordinari: cresce l’appeal del privato

Elisa Calamari

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20 Giugno 2023 - 05:15

La grande fuga  dei medici: «Il pubblico non attrae più»

(foto d'archivio)

CREMONA - Mancano i medici di base (nella nostra provincia 73) ma è in atto anche una fuga da ospedali e da altri presidi del sistema sanitario nazionale: il sindacato Anaao Assomed segnala, infatti, che, in Italia, nei primi sei mesi del 2023 circa cinquemila medici hanno chiesto informazioni per lasciare la sanità pubblica. Mentre nel 2022 quelli che l’hanno fatto sul serio sono stati quasi tremila.

A Cremona, per il momento, non si può parlare di vero e proprio allarme, ma il presidente dell’Ordine dei Medici, Gianfranco Lima non nasconde che la preoccupazione per il futuro c’è eccome: «Purtroppo esercitare la professione nel settore pubblico è sempre meno attrattivo. Tanti pensano di passare al privato perché offre maggiori flessibilità e opportunità economiche».

Per inquadrare meglio la situazione a livello provinciale, basti dire che in occasione del recente bando indetto dall’Ats, per il reclutamento di nuovi medici di medicina generale, a fronte di un’offerta di 75 posti le domande pervenute sono state soltanto tre. Di cui due accettate. Una situazione che rischia di peggiorare nei prossimi mesi, perché nel 2023 dovrebbero cessare la professione per limiti di età dieci medici cremonesi, nel 2024 toccherà ad altri dieci e nel 2025 a sette.

«Nelle stesse condizioni ci sono tutte le città – spiega Lima –, di recente anche a Milano è stato indetto un concorso e si sono presentati in meno rispetto ai posti previsti. Come Ordine di Cremona in realtà non registriamo una flessione nelle iscrizioni – precisa –: non mancano i medici perché la professione resta allettante e gli accessi alle facoltà ci sono, quindi non penso che il problema sia da imputare eccessivamente al numero chiuso delle università. Se facciamo un confronto col resto dell’Europa, infatti, siamo in linea. Mancano però, ed è il punto cruciale, gli specialisti. Se siamo preoccupati? Certo, perché c’è il rischio che i territori, ma anche gli ospedali, vadano in sofferenza».

A livello generale la carenza degli specializzandi riguarderebbe in particolare la Virologia (quasi l’80% di posti liberi) e la Medicina d’emergenza (61% di posti vacanti).

medici

Gianfranco Lima e Ugo Barbini


La fuga verso il settore privato, o all’estero, sarebbe dunque essenzialmente legata a questioni economiche: Anaao lamenta il contratto fermo al 2021, segnalando che l’aumento medio previsto (4%) non viene ritenuto sufficiente considerando che è molto meno di quanto perso a causa dell’inflazione. Ma entrano in gioco molti altri fattori, che il dottor Ugo Barbini, segretario di Anaao Cremona, tenta di sintetizzare. Pur senza entrare nel merito della situazione locale, spiega quali motivazioni possono spingere i medici a lasciare il sistema sanitario nazionale: «C’è sicuramente una questione di carichi di lavoro, perché più persone vanno via più l’impegno aumenta per chi rimane. A questo si aggiunge il fattore economico, che a livello privato può diventare immediato e più alto. Lo stipendio è sì buono, ma non è commisurato né è stato adeguato all’inflazione in atto. Il medico ospedaliero ha poi meno flessibilità oraria: ci sono turni da coprire e una continuità assistenziale da garantire».

A tali difficoltà si aggiungono i complessi obiettivi di budget spesso imposti dalle Regioni. E poi il fattore stress: «Purtroppo chi legifera sembra trattare il medico come una professione qualsiasi – continua il segretario Anaao – senza tenere in considerazione il carico emotivo, l’impegno in termini di studio, di specializzazione, di lavoro. Parliamo, inoltre, di una professione dietro la quale c’è una responsabilità enorme: la medicina è scienza, ma non matematica. Le decisioni del medico, dunque, in molti casi sono probabilistiche. Con, appunto, un grande carico di responsabilità annesso. Le dico che sinceramente, se dovessi avere un figlio, ora come ora forse gli sconsiglierei di fare il medico. In Italia purtroppo non conviene».

Barbini non nasconde che il difficile periodo pandemico ha a sua volta inciso sulla fuga in atto: «È stato un enorme carico di lavoro straordinario dopo anni di carenze di personale. É stato richiesto l’ennesimo sforzo ed è stato fatto. Ma purtroppo a livello istituzionale non è stato evidentemente recepito: l’auspicato incremento delle risorse non c’è stato. Credo che il Pnrr – conclude Barbini – poteva essere una buona occasione per aiutare concretamente il sistema sanitario nazionale. Perché in prospettiva, così come è concepito ora, non so quanto terrà. Non lo dico io, ma lo dicono tanti presidenti degli Ordini in tutta Italia».

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