L'ANALISI
25 Aprile 2023 - 05:25
L’arte è una cura, ma c’è anche una bellezza profonda nella Medicina e nel lavoro in ospedale. Perché, in fondo, la cura è un’arte. Nel dizionario italiano e nell’inconscio di ogni persona, la parola «ospedale» fa rima con funzionale. Perché da un ospedale ci aspettiamo organizzazione, asetticità e spazi adeguati a ospitare la tecnologia utile per le attività pratiche di medici e infermieri. Ma gli ospedali sono anche luoghi di attesa, con sale adibite ad accogliere pazienti e accompagnatori che raramente si sentono felici di stare dove sono.
Gli ospedali sono crocevia di emozioni e bisogni, nodo vitale di competenze ed esperienze, dove il linguaggio della cura resta umano e si intreccia con l’innovazione tecnologica. Anche per queste ragioni, ove possibile, si cerca di realizzare architetture piacevoli, di fare entrare la luce – anche nelle Terapie intensive – e di lasciare spazio al verde di alberi e fiori. Che la bellezza abbia un ruolo nella cura è scritto nelle esperienze del nostro passato: nelle terme dell’antica Roma, per esempio, le stanze erano adornate di mosaici, statue e colonne. E oggi è risaputo che il bello e l’armonia sono terapeutici e complementari al sapere medico scientifico che si concentra sulla salute del corpo. Questo principio ispira il concetto di una nuova visione dei luoghi di cura. Faccio un esempio concreto. L’Istituto Clinico Humanitas con Pinacoteca di Brera e Amici di Brera ha realizzato ‘Brera in Humanitas’.
Si tratta di un progetto che rende possibile esperienze immersive nella bellezza dei dipinti dei grandi maestri del passato custoditi in centro a Milano, senza spostarsi della sala d’attesa di Rozzano. Una squadra di esperti, tra curatori di Brera e professionisti dell’ospedale, ha passato in rassegna tutti i dipinti della Pinacoteca in cerca di dettagli capaci di trasmettere serenità, pace e conforto. Poi i quadri sono stati fotografati con una risoluzione a 680 milioni di pixel (con una macchina professionale si ottengono mediamente foto di 6.000x4.000 pixel).
Dalle riproduzioni sono stati estrapolati i dettagli selezionati – mani che si toccano, sguardi intensi, paesaggi riposanti – che sono stati ingranditi e adattati alle pareti delle sale di attesa dell’ospedale, con una proporzione di 1 a 36 centimetri. Il risultato sono 400 metri quadrati di arte firmata, tra gli altri, da Hayez, Lotto, Piero della Francesca e Raffaello. Accomodarsi in sala d’attesa prima del ricovero e trovarsi nel giardino di ‘Un dopo pranzo’, sotto lo sguardo calmo delle donne ritratte dal Lega. Prepararsi alla seduta di Chemioterapia in 40 metri quadri di giardino ricolmo di zucche, in compagnia della ‘Fruttivendola’ del Campi. Riposare tra le pennellate azzurre di Raffaello, all’ombra del tempio dello ‘Sposalizio della Vergine’ su 12 metri di parete nell’area Check Up.
Camminare verso gli spogliatoi degli infermieri, al piano interrato dell’ospedale, lungo 23 metri di boschi e i campanili dei panorami lombardi del Bellotto. Perdersi tra le acque placide di un paesaggio che, nell’‘Annunciazione’ del Francia, costituisce il piccolo sfondo della scena principale e che ora, in ospedale, diventa un’opera d’arte indipendente di 10 metri quadri. O ancora, sentire la dolcezza del tocco delle mani de ‘Gli amanti veneziani’, di Bordon, nella sala d’attesa del Fertility Center. Sono alcune delle esperienze che ora è possibile fare in ospedale grazie al progetto. I beneficiari di questa immersione nella bellezza non sono solo pazienti e accompagnatori.
Tra le 11mila persone che ogni giorno entrano in ospedale ci sono anche medici, infermieri, operatori socio sanitari, tecnici e staff. Una quarantina di loro ha partecipato ai corsi tenuti dalle guide di Brera per informarsi sulla storia dell’arte e poter essere un punto di riferimento per i visitatori. Sono loro a trovare il senso profondo di questa esperienza: l’arte è una cura perché solleva lo spirito, induce riflessione e inonda di colore, ma c’è anche una bellezza profonda nella Medicina e nel lavoro in ospedale. In fondo, possiamo davvero concludere che anche la cura è un’arte.
Guardando gli ingrandimenti notiamo le pennellate, le crepe della tela originale, possiamo indagare il dipinto ed entrare nella sua bellezza, con un gesto che ricorda la pratica clinica e diagnostica quotidiana. Tra i capolavori c’è anche il famoso ‘Bacio’ di Hayez che ora accoglie pazienti e visitatori all’ingresso dell’edificio. Il gesto dei due amanti ci ricorda la radice del nostro lavoro e della condizione del paziente, che si abbandona con fiducia a un atto di cura.
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