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Cremo bella da fare paura. Serata più complicata del necessario, ma vincere così serve di più

Un nuovo pasticcio ed è 1-1: ma dopo aver spaventato la sua gente la squadra la riconquista

Giovanni Ratti

Email:

lromani@laprovinciadicremona.it

09 Settembre 2013 - 15:02

Elvis Abbruscato

Elvis Abbruscato esulta dopo il gol

Dato che, causa smaltimento ferie, in settimana non c’è stata occasione per tornare sulla Cremo, ricomincerò come si faceva nei vecchi sceneggiati televisivi, con il riassunto della puntata precedente. A Busto la Cremo nel primo tempo si era barcamenata fra vecchie cattive abitudini e nuove buone intenzioni, era stata peggio che preoccupante nei primi venti minuti dopo la pausa, poi micidiale per due minuti, più o meno rassicurante nel finale. Essendo stata per anni infestata come un castello scozzese, la squadra si deve ancora liberare di due vecchi fantasmi, la facilità ai colpi di sonno collettivi mentre si difende e la tendenza a collezionare cartellini per futili motivi. Dalla parte della lavagna dove si segnano i buoni a fine partita giganteggiavano due nomi, Torrente e Palermo. L’allenatore si era dimostrato reattivo, indisponibile a subire gli eventi, usando due volte i cambi con rapidità ed efficacia, prima rovesciando squadra partita e risultato, poi tutelando il vantaggio con una sobria correzione in senso difensivo. Il centrocampista ha confermato tecnica e personalità da leader di quelli veri, quelli che guidano con l’esempio. Ha fatto molte delle cose migliori e più significative della partita compresa la costruzione del primo gol, si è fatto trovare al posto giusto fino, letteralmente, all’ultimo pallone, che proprio lui ha grattato via dall’ombelico dell’area. Grazie soprattutto a loro ieri sera si è andati allo Zini senza pensare troppo ai momenti bui di Busto, quelli in cui Caracciolo sembrava Sales, Visconti sembrava un’ombra cinese e Moi sembrava Moi, e ricordando di Carlini il bruciante uno contro uno con cui ha innescato il secondo gol e salvato la propria serata, e non la prima ora, quella in cui aveva giocato contro l’arbitro invece che contro la Pro Patria, facendo tornare in mente le paperette che, avendo scambiato Konrad Lorenz per la loro mamma, seguivano in fila indiana l’austero signore con la barba bianca invece di Mamma Papera. Insomma eravamo di buon umore, e curiosi di verificare se era il caso. Magari tenendo presente che non sempre la memoria è un bene prezioso. Certo fa tristezza leggere che Sean Connery non si ricorda più se 007 preferisce il Martini mescolato o agitato, ma in altri casi la troppa memoria può anche essere nociva, impedendo di cogliere le novità senza troppe riserve. Certo il passato sa essere rancoroso come una moglie che non ha digerito il divorzio.

Così ieri sera, tanto per infilarsi subito anche nell’album fotografico della nuova Cremo, le ha messo davanti Beppe Scienza, l’ultimo degli allenatori che dalle parti di via Persico hanno rischiato di giocarsi la reputazione. Ieri sera per un bel po’ si è avuto paura che davvero l’ex scaricato ci avesse fatto la macumba (Scienza occulta). Il Feralpi Salò aveva imposto alla Cremo la canonica partita sotto vuoto spinto, e se il gol rapace in comproprietà fra Loviso e Carlini era sembrato risolvere in blocco tutti i problemi, era solo un’illusione ottica. La squadra si era liberata del peso tattico e psicologico del dover stanare gli avversari, sembrava volare verso il raddoppio; ma nella fregola di raddoppiare ci si è dimenticati della difesa grigiorossa, volubile e fedifraga, che da una palletta innocente come una collegiale ha tirato fuori quell’uno a uno traditore e urticante. Il pareggio bresciano però (possiamo dire a cose fatte) ha avuto il pregio insospettato di sottolineare le grandi differenze che staccano la Cremo di oggi da quella della scorsa stagione. La squadra infatti ha reagito con ferocia collettiva, se non proprio con sicurezza (Martina Rini ha stoppato un contropiede dalle potenzialità micidiali), guidata ancora dai cambi dell’allenatore, significativamente simmetrici a quelli della settimana prima. E la gente, che la calcificazione delle delusioni aveva trasformato nel convitato di pietra dello Zini, nel momento più aspro si è schierata al fianco della squadra con una carica emotiva e vocale che avevamo dimenticato. Così quando Carlini (ancora sua l’assistenza del gol decisivo) e Caridi hanno firmato il 2-1, la vittoria riconquistata ha avuto il valore aggiunto di quegli episodi che danno alla stagione qualcosa, forse molto, più dei tre punti. Quella che ha fatto la doccia ieri sera era una squadra molto diversa da quella che aveva iniziato la partita, una squadra cresciuta nella consapevolezza di se stessa, di quello che l’attende e di quello che ci si aspetta da lei. Certe complicazioni fanno bene, è perfino un bene che si sia preso quel gol assurdo, una vittoria sofferta significa di più, dà di più, di una goleada come quella di ieri sera avrebbe anche potuto essere. Poi, se il portierino di Salò prima ha fatto robe da Gilmar e poi ha anche provato a fare il Rampulla lasciando che Abbruscato e due compagni andassero a recapitare il 3-1 nella porta vuota, sono dettagli, spiccioli di cronaca. La sostanza è che questa Cremo può diventare roba da signori anche perchè sa soffrire, roba da ricchi anche perchè è umile. Guarda ancora Palermo, la partita di servizio che ha fatto in una serata senza squilli; guarda Caridi, ancora d’impatto dopo aver incominciato in panchina. Questa squadra aveva bisogno di fiducia in se stessa per imparare a lasciarsi andare un po’ di più. Venerdì a Bergamo l’aspetta una vera ordalìa. Ma lei ci si avvicina a marce forzate, con due battaglie vinte non senza sentirne il giusto peso. E una squadra che vuole prendersi il futuro, deve per forza incominciare prendendosi il presente.
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