L'ANALISI
20 Ottobre 2025 - 16:00
C’è un’Italia che non passa mai di moda, un’Italia che continua a parlare a chi sa ascoltare. È quella di Mondo Piccolo, il ciclo di racconti di Giovannino Guareschi che ha dato vita ai personaggi immortali di Don Camillo e Peppone.
Di questa sorprendente attualità parlerà Fabio Trevisan giovedì 24 ottobre alle ore 17.30 presso la Libreria Logos, in un incontro dedicato a “Riscoprire l’attualità di Giovannino Guareschi”.
Trevisan, studioso e profondo conoscitore dell’autore emiliano, parte da una constatazione tanto semplice quanto decisiva: «Il Mondo Piccolo non è un mondo arcaico, ma un mondo aperto alla grazia, dove irrompe la realtà di Dio». Nei 346 racconti che compongono l’opera, Guareschi mette in scena un universo in cui «il personaggio più importante non è Don Camillo, né Peppone, ma il Crocifisso». Proprio quel Crocifisso «alto più di tre metri» che, come scrive Guareschi nel prologo, è il vero motore delle vicende umane e divine di un microcosmo che rispecchia l’universale. Se i film tratti dai racconti — una settantina — hanno reso popolari i due protagonisti, Trevisan sottolinea che «documentano solo in parte il Mondo Piccolo, soprattutto dal punto di vista qualitativo». Per comprendere davvero la profondità dell’opera, «bisogna leggere Guareschi più che vederlo». Solo così si può cogliere quella dimensione spirituale che emerge nei racconti meno noti, «laddove sembra tutto finito, irrompe qualcosa che scombussola, che è il piano provvidenziale di Dio».
Per Trevisan, il Mondo Piccolo è quindi una parabola di grazia, un racconto universale ambientato in quella «fettaccia di terra tra il Po e l’Appennino» che Guareschi amava definire simbolo dell’intera umanità. Non si tratta, precisa Trevisan, di un “piccolo mondo antico” alla Fogazzaro, ma di «un mondo reale, quotidiano, rischiarato dal Cristo». E la radice di questa visione nasce nell’esperienza drammatica del campo di prigionia tedesco, dove Guareschi riscopre la fede e la dimensione profonda della persona umana.
Nel Diario clandestino, scritto tra il 1943 e il 1945, emergono le sue riflessioni spirituali, nate – come diceva lui stesso – grazie alle “tre muse” del Lager: la fame, il freddo e la nostalgia. Da quella sofferenza scaturì un nuovo inizio, il passaggio dal Guareschi umorista del Bertoldo al Guareschi testimone del Mondo Piccolo. «Nel dicembre del 1945 – ricorda Trevisan – iniziano le prime storie di Don Camillo e Peppone, dove la fede diventa luce e forza narrativa».
Eppure, nel tempo, Guareschi è stato spesso ridotto a etichette ideologiche. «È stato definito autore di destra – osserva Trevisan – ma si tratta di una lettura semplicistica». In realtà, Guareschi fu un uomo libero, capace di schierarsi quando lo riteneva giusto, senza mai piegarsi alle logiche di partito: monarchico per convinzione, ma anche difensore della Democrazia Cristiana nel 1948, perché vedeva in essa un argine al fronte socialcomunista. «Non possiamo classificarlo secondo schemi politici – spiega Trevisan – perché il suo sguardo era profondamente umano e cristiano, non ideologico». Non è un caso che nel 1963, per il film La rabbia, Guareschi venne scelto come contraltare “da destra” a Pier Paolo Pasolini, in un dialogo ideale tra due visioni opposte ma entrambe preveggenti. «In quel docufilm – sottolinea Trevisan – Guareschi intuì già la rivoluzione dei costumi e dei consumi che avrebbe travolto l’Italia del ’68». La sua era una critica lucida e affettuosa, mossa dall’amore per un popolo e una fede che considerava il cuore dell’identità italiana. Riscoprire oggi Guareschi, conclude Trevisan, significa «riscoprire un modo di guardare il reale con fiducia, umorismo e fede». Mondo Piccolo ci parla ancora perché in esso «l’eterno irrompe nel quotidiano», ricordandoci che, anche nei conflitti e nelle differenze, l’uomo resta sempre un mistero aperto alla grazia».
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