Correva l'anno 1985. Messi definitivamente da parte i sogni di gloria di diventare ballerina classica (di ultima fila, si intende) e appese al chiodo le scarpette dopo lunghi anni dedicati all'insegnamento, ecco che una nuova passionaccia, assolutamente inaspettata e sconosciuta prima di allora se non di riflesso, mi presenta il conto. E se è vero che la passione non nasce ma è dentro di noi, nel caso specifico è tutto merito del dna paterno, era già forse tutto stabilito che ad un certo punto della vita fossi attratta da altre forme di creatività ed espressione. Ho iniziato a guardare la pittura e scultura con occhi curiosi e indagatori, alla storia patria con senso di appartenenza (e vi ci metto con orgoglio anche El cantòon del dialèt, rubrica che ha tagliato il traguardo dei dieci anni di vita), alla ricerca come attività integrante della mia formazione. In redazione mi occupo delle pagine di cultura e spettacolo, ma mi capita di vestire nuovamente i panni di cronista, quelli dei miei lontani esordi. Allora sulla strada con il taccuino, oggi con smartphone e telecamerina. I tempi sono cambiati, è vero. Però da giornalista della vecchia guardia, non posso che augurare al giornale di carta lunga, lunghissima vita.